Prometheo - Home Page Archivio Newsletter: Prometheo News 22
In questo numero parliamo di: i cheat - i codici segreti dei videogiochi, FilmUp il nuovo sito ricco di informazioni sul cinema, dove discutere e scambiarsi informazioni sui fondi comuni e sul mercato azionario, le agende e le rubriche elettroniche personali on-line, saggio su come l'influenza sociale incide sui nostri comportamenti e di altro ancora!
 
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PROMETHEO NEWS #22 - 17 Marzo 2001

"Prometheo News" è il bollettino inviato periodicamente per tenervi informati sulle iniziative della Prometheo e del nostro portale, Italia.ms. Inoltre potete trovare notizie e consigli per utilizzare al meglio il vostro PC.

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Le Novità
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Parallelamente alla tumultuosa e sempre più veloce evoluzione dell'informatica, cambia continuamente anche il mondo delle riviste specializzate del settore: nuove riviste nascono, alcune cambiano nome per adeguarsi ai nuovi obiettivi, altre crescono con nuovi contenuti. E diventano sempre più seguite le webzine, le riviste presenti solo online. Sul sito Prometheo da tempo c'era una pagina di link dedicata a questo mondo. Per stare al passo con i tempi l'abbiamo completamente rivista, ampliata ed aggiornata, grazie anche alla collaborazione ricevuta dalle redazioni e dalle case editrici delle riviste.
Ora sul sito abbiamo un'intera sezione dedicata alle riviste di informatica suddivisa in ben 13 categorie e con la descrizione di più di 60 riviste! La trovate qui:
http://www.prometheo.it/risorse/riviste/

Vi segnalo in particolare, per chi di voi lavora presso un azienda, la possibilità di avere un abbonamento gratuito annuale al settimanale Week.it edito da Mondadori, semplicemente compilando un apposito questionario. Maggiori informazioni a questo indirizzo:
http://register.mondadori.com/pcweek/Gratuito/

Mi trovo e, anche se non dovrei farlo, vi anticipo quali saranno i prossimi principali aggiornamenti del sito: restyling della home page (per renderla più agile e immediata), rinnovo della sezione sui videogiochi e ampliamento dell'Osservatorio Lavoro.

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Vi aggiorno sull'apertura dei nuovi Prometheo Education Center (per gli amici PEC). Grazie alla collaborazione con la Computer House abbiamo attivato la sede di Acerra (in provincia di Napoli). Come al solito trovate tutti i dati sul sito e per la precisione qui:
http://www.prometheo.it/sedi/acerra/
Inoltre a breve saranno attivi anche i centri di Nola e di Salerno. Con questi ultimi due acquisti la Prometheo si posiziona come leader della formazione informatica in Campania arrivando a ben otto centri attivi!
E le altre regioni? Non vi preoccupate, in quest'ultimo periodo abbiamo preferito focalizzare la nostra attenzione sulla Campania per non disperdere le nostre forze (e i risultati ottenuti ci danno ragione). Ma ora ricominceremo a muoverci con maggiore intensità anche sulle altre regioni. Rimanete sintonizzati. Nuove novità in arrivo!

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E per chi manca da un po' dal nostro sito (vergogna! :-) segnalo anche la pubblicazione dell'articolo di Marco A. Rovatti: "I dieci errori da non commettere nel Web Design". Il link è:
http://www.prometheo.it/articoli/webdesign.html

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Siti Interessanti
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Cosa sono i "cheat"? In pratica tutti i videogiochi prevedono dei codici segreti (di solito strane combinazioni e sequenze di tasti) che permettono di abilitare funzioni nascoste (nuovi personaggi, livelli segreti, nuove modalità di gioco) o di attivare dei "trucchetti" come la possibilità di essere immortali e quindi di passare indenni attraverso i mille pericoli previsti dal gioco (naturalmente in questo caso si perde il gusto reale del gioco ma può essere utile, ad esempio, per andare a sbirciare i livelli superiori).
I cheat sono inseriti dagli sviluppatori dei videogiochi sia per essere usati come porte di accesso per i redattori delle riviste o per i tester del gioco sia per rendere i giochi più interessanti e più attraenti e per aumentare il periodo di tempo in cui si parla del gioco.
Il Web è pieno di siti che riportano trucchi e codici sui giochi ma non sempre è facile trovare proprio quelli del nostro gioco. Per cui è molto utile il sito che vi segnalo "Murby" che, oltre ad utili link sul mondo dei videogiochi, mette a disposizione un vero e proprio motore di ricerca: voi inserite il nome del gioco e vi viene presentata una lista di siti che contengono cheat sul gioco stesso. L'indirizzo è:
http://www.murby.it/ [link non più funzionante]

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FilmUP è un nuovo sito sul cinema, ricco di informazioni e di foto. Sul sito potete trovare interviste, come quella a Nanni Moretti sul film "La Stanza del Figlio":
http://www.filmup.com/speciale/nannimoretti/int01.htm
e la classifica dei film più visti della settimana (con l'indicazione degli incassi al botteghino):
http://www.filmup.com/cinema_box.htm

Per ogni film potete non solo trovare la scheda informativa, la locandina e la recensione, ma potete tra l'altro anche vederne il trailer (in formato QuickTime o RealMedia), scaricare (per alcuni film selezionati mese per mese) un immagine da usare come sfondo del desktop con il calendario del mese in corso in sovrimpressione, inserire la vostra opinione sul film e leggere quella lasciata dagli altri visitatori.

A proposito avete visto Vertical Limit? Io l'ho visto e mi è piaciuto molto. Da restare senza fiato! Un film molto spettacolare, pieno di effetti speciali ed anche se per molti versi poco realistico permette di passare due ore piacevoli. Eccone la scheda:
http://www.filmup.com/sc_verticallimit.htm

Per concludere su FilmUP potete trovare anche informazioni sui VHS, i DVD e la programmazione della tv. L'indirizzo è, naturalmente:
http://www.filmup.com/

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Con lo slogan "La finanza davvero per tutti", il sito http://www.fondi.it/ è interessante in quanto oltre a fornire informazioni sui fondi comuni e sul mercato azionario dispone di un interessante sistema per permettere agli utenti di discutere e scambiarsi informazioni sulle varie forme d'investimento. Nella guida al forum, che trovate qui:
http://www.fondi.it/about.shtml
ecco come viene descritto il sistema:
"E' un ambiente di scambio di notizie e messaggi completamente personalizzabile dall'utente nell'aspetto e nei contenuti.
Il suo punto di forza consiste in un complesso sistema di moderazione disegnato per distinguere, nel continuo flusso di informazioni che attraversa la rete, le notizie utili e interessanti da quelle inutili ed insensate, e per responsabilizzare gli utenti che partecipano alle discussioni nei riguardi della serietà delle proprie comunicazioni"

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Le Segnalazioni di Lucio Costa
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E' l'antivigilia natalizia del 19... e la modesta casa napoletana, priva di riscaldamento, amplifica l'inclemenza dell'inverno. Luca, non senza titubanza, ha da poco rinunciato al tiepido tepore del letto per accingersi a terminare il presepe. Concetta, la moglie, sta preparandosi a uscire per la spesa; gli ha appena servito un caffè, che il suo spirito economo ha reso imbevibile, e ha dimenticato di sciogliere la "colla di pesce", mistura dall'odore nauseabondo ma necessaria per far aderire i pastori allo scenario accuratamente approntato. Concetta e' una brava donna e, tuttavia, come Luca ama ripetere, si comporta sovente da "nemica della casa". Ancora a letto giace Tommasino, il figlio già cresciuto ma viziato e sfaccendato. Luca lo esorta ad alzarsi, dapprima con lusinghe, poi con minacce. Tommasino resiste e reclama la colazione, la "zuppa di latte" che la mamma è solita servirgli a letto. Quasi d'istinto, Luca Cupiello rimprovera Tommasino, ma l'intento è di una piccola vendetta verbale su Concetta: "Che credi, che tua madre è una serva? Tua madre... non serve!".

I lettori che avranno perdonato questa entree faceta avranno pure compreso che il tema "serio" di questo numero è il server. In particolare, vorrei richiamare l'attenzione sul fatto che la demarcazione tra server e client stia diventando, in certo senso, più sfumata e un grado di osmosi comincia a confondere i ruoli o, perlomeno, a renderne meno agevole la localizzazione. Si pensi, per esempio, a Napster, il pomo della discordia che, per mesi, è stato croce e dei delizia dei surfisti musicofili: grazie a esso il nostro PC domestico, client per antonomasia, può ora comportarsi, in certo qual modo, come un server. Viceversa, ribaltando la prospettiva, osserveremo che una serie di opportunità consente, oggi, di configurare la rete come una mera estensione virtuale del nostro client. In un precedente numero di questa newsletter, per esempio, sono stati segnalati servizi di hard-disk virtuali on-line, pronti a ospitare i nostri back-up. Oggi vorrei proporre almeno un paio di siti che, dietro registrazione, permettono di usufruire di agende e rubriche elettroniche personali ospitate on-line. Sono modificabili tramite cellulare (esempio di ciò che viene chiamata "convergenza" di servizi) e sincronizzabili con il nostro PC:

http://www.agenda.it/
http://www.gsmbox.it/


Com'è ovvio, vi troverete integrazioni con gli SMS, e-mail e quant'altro si conviene.

Il principe de Curtis avrebbe, forse, disapprovato: a lui le... server piacevano! Noi, invece, osserviamo incuriositi e fiduciosi.

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Winners Corner by Pietro Aterno
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Come tutti sapete l'arte del balletto ovvero il saper ballare con la capacità di rendere eterea qualunque scena, come in un sogno, richiede molto molto sacrificio.
Quella leggerezza nei movimenti nasconde tante e tante ore passate a provare e riprovare quel gesto, quell'inchino, quel passo di danza, quel salto...
Ma i ballerini sono sempre entusiasti oppure anche loro hanno bisogno di essere motivati a sopportare quel sacrificio?
Inizialmente si vede solo sudore, ginnastica, prove estenuanti: la loro trainer sicuramente dovrà essere capace di trasmettere dei valori. Soprattutto la disciplina, poi il rispetto delle persone, la preparazione, ascoltare i consigli della ballerina anziana, umiltà nell'apprendere nuove tecniche e tanto altro ancora.
Quante altre persone vivono con lo stesso sacrificio, avendo solo il sogno di diventare un giorno Grandi Professionisti, specialisti nella propria disciplina!
Ma i ballerini devono anche conoscere le lingue straniere, avere contatti con gli impresari artistici, vendere la propria professionalità, rischiare in prima persona, automotivarsi e saper motivare il proprio gruppo, composto da persone selezionate da loro stessi.
Come si vede tutto quello che è contenuto nei concetti di Strategie di Comunicazione è valido in ogni settore, in ogni ambiente, per ogni tipo di disciplina...
Alla prossima News verificheremo quanto sia importante avere iniziativa e audacia nel "saltare oltre la siepe"!

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Angolo della Lettura
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In questo numero vi segnalo un libro che mi ha prestato Maria Figlia (quelli di voi che mi seguono da più tempo la ricorderanno avendola già citata in precedenza, è la mia amica psicologa). Si tratta di "L'uomo elaboratore di informazioni" con sottotitolo "introduzione cognitivista alla psicologia". Autori Peter Lindsay e Donald Norman (anche quest'ultimo è una nostra vecchia conoscenza, avendo parlato un paio di numeri fa del suo "il computer invisibile"). Un classico nel suo genere e, anche se un po' datato essendo stato pubblicato nel 1977, è estremamente interessante e ci aiuta a capire meglio il funzionamento del nostro cervello. Con una analisi approfondita ma leggibile.
I primi capitoli sono un po' più tecnici, andando nei dettagli sul funzionamento del sistema visivo, il riconoscimento percettivo, il sistema uditivo, ecc. Io in un primo momento li ho saltati (ma poi li ho letti, trovandoli interessanti) leggendomi prima le parti che attiravano di più la mia attenzione quali quelli sull'apprendimento, la soluzione dei problemi, la rappresentazione della conoscenza, i meccanismi del pensiero, le interazioni sociali, ecc.

Il brano che vi propongo sull'"influenza sociale" è sorprendente e ci spinge ad essere più attenti nelle nostre scelte quotidiane.
Impariamo a conoscerci meglio, avendo il coraggio di esaminare anche i nostri punti deboli, in modo da essere in grado di migliorare e di poter essere più padroni di noi stessi.

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Questo è tutto. Alla prossima!

Massimo Di Bello
Amministratore Unico
Prometheo Srl
mailto:mdibello@prometheo.it


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Appendice A: Brano tratto dal libro "L'uomo elaboratore di informazioni" di Peter H. Lindsay e Donald A. Norman. Editore: Giunti. Traduzione del brano di: Giovanni Colpo. (nota: nel seguito "Nda" sta per "Nota degli autori")
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I processi dell'influenza sociale

* Un venditore di macchine usate trova casualmente il libretto di banca di un suo cliente. Si rifiuta di guardarlo temendo che, se venisse a saperne troppo, non sarebbe in grado di condurre un affare vantaggioso.
* La presidente di una grossa società sta trattando alcune questioni delicate con i sindacati. La questione è difficile, ed essa vuole essere sicura che la contrattazione sia favorevole alla compagnia. Decide che ha la maggior probabilità di successo se manda un agente della società di basso grado a trattare al suo posto.
* Una giovane di 18 anni, operatrice telefonica, mentre lavora da sola nel suo ufficio di New York, viene violentata e picchiata. Riuscita momentaneamente a sottrarsi all'assalitore, corre nuda e sanguinante per la strada, invocando aiuto. Si forma una folla di circa 40 passanti che assiste alla scena, mentre, in pieno giorno, il violentatore cerca di trascinarsela dietro; nessuno interviene. [Tratto da Latanè e Darley, 1970.]

Ci sono delle decisioni che vengono prese all'interno di un contesto sociale. Il risultato finale dipenderà non soltanto dalle azioni di un singolo individuo, ma anche dalle azioni delle altre persone incluse nella situazione. Talvolta i partecipanti sono degli estranei che offrono un pubblico che esercitano una subdola pressione sociale sul comportamento di chiunque sia coinvolto. Talvolta, i partecipanti cooperano, almeno in parte, cosicché ognuno di loro può guadagnare se giungono ad un accordo su una decisione che può consentire un beneficio reciproco. Talvolta i partecipanti sono dei protagonisti che cercano di ottenere il massimo guadagno possibile a spese di qualcun altro. L'introduzione dei fattori sociali nello studio della formulazione delle decisioni umane ci sposta al di là del punto dove possono essere specificate le strategie razionali e le decisioni sono prese da soli, indipendentemente dalle pressioni esercitate dagli altri. Per comprendere il comportamento decisionale in un contesto sociale, dobbiamo studiare una serie di questioni, e cioè le trattative, le minacce, i conflitti, la condiscendenza, i modelli sociali e gli atteggiamenti.
Quando le persone operano all'interno di un contesto sociale, le opinioni e le azioni degli altri rientrano nell'analisi di costi e guadagni. In una famiglia, la decisione di acquistare o meno un'auto nuova o l'apparecchio televisivo a colori, può dipendere molto di più dalle reazioni che ci si aspetta da colleghi o amici, piuttosto che dalle finanze effettive o dal bisogno reale dell'oggetto.
Una parte delle difficoltà che caratterizzano la formulazione delle decisioni nella vita reale è inerente alle incertezza e ai conflitti che generalmente un individuo sperimenta. Sarà opportuno chiamare i vigili del fuoco, quando nella stanza entra del fumo? Naturalmente, almeno che il fumo non abbia qualche semplice spiegazione naturale, e che i vigili non siano già stati chiamati da molte altre persone. Gli individui devono decidere loro stessi come comportarsi quando succedono fatti inattesi. Ma si sa che la vita è complicata e talvolta si ha a che fare con situazioni particolari nelle quali l'azione può procurare degli imbarazzi o perfino dei pericoli alle persone che la intraprendono, per cui, alla semplice valutazione della situazione decisionale, devono essere aggiunte alcune considerazioni sugli effetti collegati ad ogni azione.
La nostra analisi sui processi di influenze sociali inizierà prendendo in considerazione che cosa succede in situazioni sperimentali ragionevolmente simili alla vita reale. Prenderemo in esame le azioni di persone lasciate in stanze piene di fumo, di persone messe davanti a qualche strano giocatore di frisbee, oppure coinvolte come testimoni in qualche crimine.

>> Il comportamento dello spettatore
La situazione nella quale si è trovata Kitty Genovese ferita gravemente sotto lo sguardo di persone che le erano vicine e rimasta priva di soccorso per un periodo di tempo superiore ai trenta minuti (nessuno chiamò la polizia); l'assassino di Andrew Mormile, pugnalato e lasciato sanguinante fino a morirne in un sottopassaggio ferroviario, alla presenza di undici passeggeri, nessun dei quali cercò di aiutarlo; la violenza carnale all'operatrice che abbiamo descritto nell'introduzione di questo capitolo, tutti questi sono esempi di avvenimenti che hanno indotto Latanè e Darley (1970) ad indagare come mai gli spettatori che assistono ad episodi del genere non intervengono.
In questi casi abbiamo a che fare con situazioni che si caratterizzano per certi elementi specifici: c'è una incertezza nei confronti del comportamento adatto; altre persone si trovano di fronte alla stessa situazione; le opportunità di comunicazione sono limitate o non sono esercitate. Talvolta il singolo individuo deve decidere se c'è emergenza e quindi decidere una appropriata sequenza di azioni. Latanè e Darley hanno condotto una serie di ingegnose ricerche sul comportamento decisionale in queste situazioni. Sia le tecniche usate sia i risultati ottenuti ci sembrano interessanti.

Il lancio del frisbee
Luogo dell'esperimento era la Stazione Centrale di New York City. Gli sperimentatori due donne, stavano una di fronte all'altra su una panchina di sala d'attesa, gettando avanti e indietro un frisbee appena comperato. Dopo pochi minuti di gioco, il frisbee veniva accidentalmente lanciato verso uno dei presenti (il quale, però, era d'accordo con uno degli sperimentatori). Questa persona aveva la funzione di stabilire un modello o un punto focale per le reazioni appropriate di fronte ad un estraneo in queste circostanze. Poteva quindi entusiasticamente unirsi al gioco oppure, dato un calcio dispettoso al frisbee, esprimere la sua opinione sul fatto che il gioco era infantile e pericoloso. In alcune delle condizioni sperimentali, questa persona doveva lasciare il campo dopo aver espresso ad alta voce le proprie convinzioni; altre volte rimaneva, mentre le due donne verificavano le reazioni delle altre persone, che erano realmente degli spettatori casuali. La prova sperimentale consisteva nel lanciare il frisbee a ciascuno dei testimoni seduto sulle panchine: lo spettatore veniva considerato cooperativo se rilanciava il frisbee almeno due volte.
Generalmente, gli spettatori interpretavano la situazione e si comportavano in base al modello offerto dal personaggio che era d'accordo con gli sperimentatori. Se questi non cooperava, anche loro non cooperavano e, spesso, se ne andavano borbottando commenti simili a quelli che avevano sentito. Se invece cooperava, si verificava almeno un 90% di cooperazione anche tra gli spettatori; alla fine il problema era quello di riuscire a porre termine al gioco piuttosto che cercare di stimolare la partecipazione. A questo punto del gioco, si potevano avere differenti sviluppi in base al *comportamento verbale* del collaboratore confuso nel pubblico e alla sua *continua presenza*. Se il collaboratore lasciava semplicemente cadere il frisbee dove era stato lanciato e non diceva nulla, la sua mancanza di interesse non inibiva la partecipazione degli altri. Se proclamava il suo disprezzo e se ne andava, i presenti si univano al gioco dopo che egli se ne era andato: la Stazione Centrale di New York era diventata un campo di gioco.

La stanza piena di fumo
I soggetti venivano fatti sedere in una stanza e dovevano compilare un "questionario di mercato", quando, improvvisamente, attraverso un ventilatore, veniva immesso del fumo nella stanza. Mentre essi lavoravano al questionario, il fumo continuava ad entrare fino a quando, "nel giro di quattro minuti, era penetrato nella stanza tanto fumo da oscurare la vista, produrre un odore abbastanza acre, e da ostacolare la normale respirazione [Latanè e Darley, 1970]".
La maniera alla quale i soggetti risposero alla situazione dipendeva dal fatto se lavoravano da soli o con altri. Quando i soggetti lavoravano da soli, il 75% rispondeva razionalmente alla possibilità di un incendio: osservava il ventilatore che fumava e usciva nell'atrio a riferire l'incidente. Ma quando nella stessa stanza c'erano altre due persone, la maggior parte dei soggetti non parlava affatto del fumo: cercava soltanto di soffiarlo via e continuava a copiare il questionario, fino a quando gli sperimentatori, mossi a compassione, non ponevano termine all'esperimento.

La signora in pericolo
Ancora, alcuni soggetti venivano introdotti in una stanza a compilare un "questionario di mercato". Mentre lavoravano, potevano sentire la "delegata di mercato" che si muoveva nel vicino ufficio. Dopo quattro minuti che avevano cominciato a lavorare al questionario, dall'ufficio si sentiva provenire un forte rumore, assieme ad un urlo di donna e dei gemiti (incisi su un nastro magnetico): "Oh, mio Dio, il mio piede... Non posso... muoverlo. Oh, la mia caviglia... Non... non posso... non posso; ... togliete... toglietemi questa cosa...". Quando i soggetti lavoravano da soli, il 70% rispondevano alla situazione accorrendo in aiuto, quando invece lavoravano in presenza di altri due (di fatto, erano collaboratori dello sperimentatore, che erano stati istruiti a non dare alcuna risposta alle grida), soltanto il 7% accorreva in aiuto della donna.

Non c'è tempo per aiutare
Talvolta i fattori sociali possono influenzare il comportamento in maniera strana, anche quando la persona coinvolta è tutta sola, e anche quando l'azione va contro i principi nei quali si afferma di credere. Darley e Batson (1973) chiesero ad alcuni studenti del Seminario Teologico di Princeton di partecipare ad uno studio sull'educazione religiosa e sulla vocazione. Gli studenti ricevevano le istruzioni in un edificio, dove venivano avvertiti che dovevano andare nell'edificio vicino a tenere un breve discorso. Alcuni avrebbero dovuto parlare delle possibilità di impiego, mentre altri avrebbero dovuto parlare sulla parabola biblica del Buon Samaritano. (Ricordiamo che nella parabola del Buon Samaritano un sacerdote passa accanto ad una persona che è stata assalita dai ladri senza curarsene, mentre un umile samaritano, un eretico, si ferma a prestare soccorso.)
Agli studenti veniva detto di pensare strada facendo al discorso che dovevano tenere. Prima di partire per dirigersi verso l'altro edificio, gli studenti venivano avvertiti che avevano a disposizione quantità di tempo diverse, prima di presentare il loro discorso.
A un gruppo di studenti (gruppo con un po' di tempo a disposizione), veniva detto: "Bisognerà aspettare un po' di tempo prima che siano pronti". All'altro gruppo di studenti veniva detto invece "Oh, siete in ritardo! Vi stanno già aspettando da qualche minuto, affrettatevi".
La parte sperimentale vera e propria veniva effettuata durante il percorso. Mentre gli studenti passavano attraverso il viale, incontravano una persona (un collaboratore degli sperimentatori) accasciata su un ingresso, che tossiva e gemeva e aveva evidente bisogno di aiuto. Il problema sperimentale era duplice: la percezione che gli studenti avevano del tempo a disposizione avrebbe influito sulla loro buona volontà a fermarsi a dare aiuto? Il fatto di pensare alla parabola del Buon Samaritano, nel momento in cui si incontrava la persona in pericolo, avrebbe aumentato la probabilità che venisse prestato soccorso?
La risposta è sì per la prima domanda, no per la seconda. Due terzi degli studenti che pensavano di avere tempo a disposizione si fermarono ad aiutare; di quelli che pensavano di essere in ritardo, soltanto uno su dieci si fermò a prestar soccorso. Il tentativo di mettere in risalto l'importanza di aiutare il nostro prossimo, per quello che si è visto, non ha funzionato. Il gruppo di persone che stava andando a tenere un discorso sul Buon Samaritano non aveva una maggior disposizione ad aiutare il soggetto rispetto all'altro.

>> L'apatia dello spettatore
Questi studi dimostrano alcuni tra i fattori che influenzano la nostra volontà di intervenire in situazioni sociali incerte. Generalmente, la gente tende a seguire quei comportamenti che risultano più facili, e, dove è possibile, si adegua all'azione dei vicini. Ma questi comportamenti non sono necessariamente antisociali, non necessariamente dimostrano una mancanza di interesse per la situazione in cui si trovano gli altri. Piuttosto, mostrano quanto sia complesso il processo reale di formulazione delle decisioni.
Consideriamo la situazione nella quale si è trovata l'operatrice telefonica di New York di cui abbiamo parlato all'inizio di questa sezione. Sareste andati a prestarle soccorso? Probabilmente no, poiché il problema di prendere una decisione, mentre si è presenti ad un evento che si sta svolgendo, non è affatto così semplice come farebbe supporre la breve descrizione data. Supponete di esservi trovati quel giorni nei pressi del luogo dove accadde l'episodio. La folla o il rumore avrebbero potuto attirare la vostra attenzione; andando a vedere che cosa succedeva, avreste visto una donna nuda che gridava di aver bisogno di un aiuto, mentre un uomo cercava di portarla verso un edificio. "Che cosa sta succedendo?", avreste chiesto alla persona che vi era vicino, la quale vi avrebbe risposto che non lo sapeva. Quanto poteva essere grave una cosa simile? Nessun altro sembrava voler far qualcosa. Poteva essere che qualcuno stesse girando un film, trattarsi di una lite in famiglia, o che l'uomo stesse cercando di aiutarla. Così, avreste scosso le spalle e ve ne sareste andati, pensando tra voi che la città di New York è senz'altro un posto ben strano.
La situazione sarebbe stata ben diversa se foste stati da soli e aveste visto la donna e il suo inseguitore. In tal caso, non avreste pensato che esistevano spiegazioni plausibili; molto probabilmente sareste intervenuti e avreste fato qualche cosa. La folla sembra agire come elemento di *diffusione della responsabilità* che riduce la percezione della necessità di intervenire da parte dei singoli individui. Questo non significa che la folla induce sempre ad apatia o inazione, poiché si possono riscontrare sempre anche le reazioni opposte, come provano i tentativi di linciaggio. Inoltre, la folla può spesso indurre dei comportamenti buoni, come quando un gruppo di persone si unisce per porre rimedio alle conseguenze di un disastro naturale. Il fatto è che la formulazione di una decisione individuale è un compito difficile e insolito, e la conformità sociale agisce di solito semplificando il problema decisionale di un individuo. Gli individui si scontrano costantemente con il dubbio sulla correttezza della scelta; le reazioni di altre persone offrono una valida fonte di informazioni che può ridurre l'incertezza sul problema sulle interpretazioni possibili di una situazione: "Devo fare la cosa giusta: vediamo quanti altri sono d'accordo con me". Il fatto che la maggior parte della folla è d'accordo semplicemente perché gli altri *sembrano* (piuttosto che *sono*) d'accordo è irrilevante, dal momento che nessuno sa che si tratta solo di apparenza. Le reazioni degli altri indicano anche alcune contingenze che sono collegate con le azioni possibili: in presenza di una folla passiva, un azione individuale può non incontrare aiuto da parte degli altri e, conseguentemente, chi ha preso l'iniziativa può trovarsi esposto a rischi notevoli.
Ma che cosa possiamo dire per quanto riguarda gli studenti di teologia di Princeton che nel loro tragitto non si sono fermati ad aiutare la persona in difficoltà? In questa situazione non c'era nessun pubblico, ma gli studenti si trovavano di fronte ad un conflitto: avrebbero dovuto recarsi da chi li stava aspettando nel vicino palazzo o avrebbero dovuto fermarsi ad aiutare soltanto questa persona sconosciuta in pericolo? Quando andavano di fretta, il 90% degli studenti decideva di oltrepassare lo sconosciuto, in alcuni casi addirittura scavalcando il corpo che intralciava la strada. In realtà, la gente può prestar soccorso in circostanze di emergenza molto più spesso di quanto potrebbe essere previsto sulla base degli esperimenti che abbiamo appena presentato. Con una serie di eventi molto più verosimili, dove la finta situazione di emergenza era costituita da una caduta di un passeggero in un affollato treno della metropolitana di New York, i passeggeri erano molto più predisposti a dare aiuto. Venne fatto un esperimento su un treno quando una fermata successiva sarebbe stata da lì a 7 minuti. In questo caso, i presenti aiutarono la vittima. In alcune di queste situazioni sperimentali si registrò una assistenza pari, virtualmente, al 100%. Infatti, gli psicologi che stavano conducendo questa ricerca non furono in grado di controllare con esattezza le loro ipotesi, per il fatto che i passeggeri andavano in aiuto della vittima prima ancora che la situazione sperimentale fosse pienamente stabilita. Questi risultati concordano con quelli precedenti: la metropolitana offre un pubblico molto disponibile che ha poche altre cose da fare. In queste circostanze la possibilità che una persona presente presti aiuto è dieci volte maggiore rispetto allo studente di Princeton che ha fretta. (Questi studi sono stati condotti da Piliavan, Rodin e Piliavan, 1969; e da Piliavan e Piliavan, 1972.)

>> Il conformismo
Nelle situazioni che abbiamo appena discusso, c'erano delle incertezze che riguardavano l'appropriata interpretazione della situazione e la relativa risposta. Vediamo ora una situazione nella quale non c'è assolutamente alcuna ambiguità sia per l'interpretazione che per la risposta corretta, e dove tuttavia abbiamo delle pressioni sociali verso un conformismo che spingono il comportamento in direzione esattamente opposta ad ogni evidenza: che cosa succede in questi casi?
Prendiamo in esame la seguente situazione: una persona (che chiameremo Chris) si trova ad un laboratorio per partecipare ad una semplice ricerca percettiva riguardante la capacità di discriminare tra linee di lunghezza diversa. Quando arriva, ci sono già altri 5 soggetti che stanno aspettando e, pertanto, Chris si accomoda sulla sesta sedia, in prossimità della fine del tavolo. Lo sperimentatore entra nella stanza indossando un camice bianco, portando un blocco per gli appunti ed altri materiali. Spiega di aver chiesto la collaborazione dei sei soggetti presenti per condurre una ricerca su come vengono giudicati gli stimoli visivi: è in particolare interessato a conoscere la capacità di discriminazione tra linee di diversa lunghezza. Dal momento che deve sottoporre alla prova un campione molto vasto di soggetti, l'esperimento viene condotto in gruppi di sei soggetti per volta allo scopo di procedere più rapidamente.
Il compito è davvero molto semplice: in ogni prova vengono presentate al soggetto la linea-test (indicata con la x) e tre linee di confronto, indicate con le lettere a, b, e c. I soggetti devono indicare quali tra le linee di confronto è più simile in lunghezza alla linea-test (vedi figura 16-3). Ogni soggetto deve rispondere a turno e, pertanto, Chris risponderà per sesto, dal momento che quello è il suo posto. Di volta in volta che i soggetti rispondono, lo sperimentatore prende nota di ogni loro giudizio, a turno, e procede poi alla prova successiva.
Man mano che l'esperimento, Chris trova che le discriminazioni sono abbastanza semplici e che le sue risposte di solito concordano abbastanza con le risposte degli altri. Ma, a un certo punto, le cose cambiano. Viene presentata una scelta abbastanza semplice, dove tutti di norma dovrebbero essere d'accordo nella risposta. Chris ha stabilito che la risposta giusta è la linea b, ma, mentre aspetta il suo turno per rispondere, si accorge che tutti gli altri soggetti hanno scelto la c come risposta. Come potrebbe comportarsi Chris?
Esaminiamo il conflitto in atto. Anche se le linee di confronto sono molto simili l'una all'altra nella dimensione, nella testa di Chris non c'è assolutamente alcun dubbio sul fatto che la risposta corretta sia la b, ed egli ha preso questa decisione non appena le linee sono state presentate. Con sua sorpresa, ognuno dei cinque soggetti che lo precedono ha scelto la linea c. Come è possibile? Tutti stanno guardando la stessa diapositiva e, per di più, nelle prove precedenti, Chris si era trovato d'accordo con gli altri soggetti, tranne nei casi molto difficili, quando, in ogni modo, c'erano più opinioni divergenti. Ora, invece, tutti gli altri sono in disaccordo con lui: che cosa è accaduto?
La risposta, naturalmente, è che l'esperimento è truccato. Gli altri cinque soggetti sono dei collaboratori dello sperimentatore e sono stati precedentemente avvertiti di come dovevano rispondere. Lo sperimentatore non è affatto interessato ai problemi della percezione, ma, piuttosto, sta studiando quanto i soggetti si conformino all'opinione della maggioranza anche quando devono andar contro l'evidenza dei loro stessi sensi. E' abbastanza curioso notare che, all'inizio della ricerca in questo campo, si voleva dimostrare che non ci si conforma ad opinioni o giudizi diversi quando si ha l'assoluta certezza del contrario: i risultati ottenuti dimostrarono esattamente l'opposto.
Circa i 3/4 dei soggetti, che si trovano in situazioni analoga a quella di Chris, almeno in alcune prove, si conformeranno all'opinione degli altri e sceglieranno la risposta sbagliata, mentre 1/3 circa si conformerà in tutte le prove. La tendenza alla conformità aumenta con il numero di soggetti collaboratori. Questo effetto può essere controbilanciato se uno dei collaboratori non concorda con l'opinione della maggioranza e dichiara la risposta effettivamente corretta.
Interviene dunque un atteggiamento conformista, ma ad un notevole prezzo emotivo. Quando i soggetti rispondono in contraddizione con i propri giudizi percettivi, essi devono affrontare notevoli conflitti psicologici: riferiscono di sentirsi ansiosi, di sentirsi "lontani" dagli altri soggetti e spesso mostrano i segni fisiologici dell'innalzamento dello stato emotivo, come sudore, tremore o aumento della pressione sanguigna e accelerazione cardiaca.
Ogni grossa discrepanza tra le convinzioni personali e le azioni degli altri costituisce una situazione molto difficile. Individui diversi possono inventare spiegazioni diverse per queste discrepanze, ma il risultato si fonda di solito pesantemente sulle azioni o non-azioni degli altri. Forse, però, l'osservazione più importante non è tanto che si tenda alla conformità, ma piuttosto che la conformità possa essere una cosa traumatica e difficoltosa da realizzare: la conformità a forti pressioni sociali può avere un enorme costo psicologico. Vedremo più da vicino queste reazioni nella successiva serie di studi.

>> La condiscendenza
Strettamente collegato ai meccanismi del conformismo troviamo l'uso dell'autorità come mezzo per indurre un'altra persona a fare quello che si vuole. Talvolta l'autorità assume degli atteggiamenti implicitamente minacciosi nei confronti di chi non volesse essere compiacente; altre volte è percepita come benevola, in modo che le richieste assumono un valore positivo che può controbilanciare qualsiasi costo della risposta; altre volte ancora, in forma implicita o esplicita, sorvola i processi decisionali: il compito viene svolto perché i partecipanti non devono formulare un qualsiasi giudizio, ma sono semplicemente portati a fare quanto è loro richiesto.
Le ricerche che seguono ci offrono una buona introduzione ad alcuni dei fattori che intervengono nella condiscendenza verso l'autorità. Ci soffermeremo a descrivere i particolari della situazione per darvi la possibilità di immedesimarvi nel ruolo dei soggetti: provate ad immaginare la situazione e cercate di prevedere in che modo vi comportereste. [Nda: La descrizione di questa ricerca e le citazioni sono state tratte da Milgram (1963)]
Immaginate di aver risposto alla richiesta di prestarvi come soggetti di una ricerca psicologica sull'apprendimento presso l'Università di Yale. Entrate negli imponenti palazzi dove sono situati i laboratori e vi dirigete verso la stanza dell'esperimento, dove vi incontrate con uno scienziato in camice bianco. E' già arrivato un altro soggetto. Lo scienziato vi spiega che sta studiando la relazione tra punizione e apprendimento e, in particolare, sta indagando sull'efficacia della punizione per l'apprendimento e se l'età e il sesso degli insegnanti e degli studenti influiscono sui ritmi di apprendimento.
Dopo aver discusso a lungo per decidere chi deve essere l'"insegnante" e chi l'"alunno" (ne è venuto fuori che voi dovete assumere il ruolo di *insegnante*), venite entrambi condotti nella stanza vicina. L'alunno viene legato con una cinghia ad un particolare apparato ("allo scopo di prevenire dei movimenti eccessivi") e al suo polso viene fissato un elettrodo con una gelatina speciale ("allo scopo di evitare vesciche e bruciature"). Mentre voi siete presenti, lo sperimentatore rassicura l'alunno che, anche se le scariche elettriche che riceverà potranno essere estremamente dolorose, non provocheranno alcun danno permanente ai tessuti. Voi invece siete ricondotti nella stanza sperimentale e vi viene spiegato qual è la vostra parte in questa ricerca.
Vostro compito è quello di insegnare all'alunno una lista di parole: dovete leggere una lista completa di coppie di parole, poi tornare all'inizio e rileggere le parole una allo volta. Leggerete la prima parola di ciascuna coppia, e poi quattro parole-test. L'alunno premerà un bottone per indicare quale delle quattro parole-test faceva parte della coppia originaria. Dovrete dargli una scarica elettrica ogni volta che l'alunno farà un errore: per ogni successivo errore, la scarica elettrica verrà aumentata di livello. L'apparato per la somministrazione delle scariche ha una serie di commutatori per selezionare livelli di scossa diversi e le diverse intensità variano da 15 volt fino a 450 volt, con una progressione di 15 volt ad ogni aumento di intensità della scossa. Le intensità più basse sono indicate come *scosse deboli* e le intensità più alte con *pericolo: scossa violenta*, e poi *XXX*.
Dopo alcune prove per impratichirsi della procedura, l'esperimento inizia. Mentre procedete nella lista di parole, l'alunno ottiene una risposta corretta ogni quattro. Per ogni errore voi aumentate il livello di scarica secondo il disegno sperimentale. Dopo numerose ripetizioni della lista, l'intensità della scarica elettrica ha raggiunto i 300 volt. A questo punto, il soggetto inizia a battere con forza contro il muro. Lo sperimentatore vi dice di attendere 5 o 10 secondi per ricevere la risposta, poi di considerare la mancanza di risposta come se fosse un errore e continuare con il consueto procedimento. Dopo le successive parole-test, l'altro sta ancora battendo sul muro ma dal momento che non c'è risposta voi somministrate la scossa di 315 volt. Quando tornate dallo sperimentatore per avvertirlo, questo appare completamente passivo e vi chiede semplicemente: "Per cortesia, continuate". Se voi mostrate una riluttanza che permane, vi può informare che "L'esperimento ha bisogno di essere continuato da voi", oppure "non avete nessuna altra scelta, dovete continuare". Per quanto tempo ancora avrete voglia di andare avanti?
Abbiamo spiegato la situazione con ricchezza di particolari per consentirvi di immaginare come potreste aspettarvi di comportarvi in queste circostanze. Quando ai maggiori psicologi di Yale venne proposto lo stesso tipo di descrizione e fu chiesto il loto parere, ci fu una sostanziale unanimità nell'affermare che in questa situazione i soggetti avrebbero rifiutato di continuare l'esperimento: in media, si aspettavano che la maggior parte della gente avrebbe somministrato delle scosse molto al di sotto di 240 volt, indipendentemente dalle sollecitazioni dello sperimentatore; prevedevano inoltre che soltanto una insignificante minoranza dei soggetti (1-3%) avrebbe voluto continuare fino al più elevato livello di scarica elettrica (450 volt). Un indagine informale tra psichiatri e colleghi dello sperimentatore ottenne predizione dello stesso genere.
Nell'esperimento reale tutti i soggetti somministrarono scariche elettriche di 300 volt o di livello maggiore. Ventisei soggetti su 40, il 65%, volevano somministrare il livello massimo di 450 volt. Questi risultati furono del tutto sorprendenti e sollevarono notevoli controversie sia sulle loro implicazioni di carattere sociale sia sull'etica della sperimentazione psicologica.
In verità l'esperimento era una simulazione: non c'era nessuna scarica elettrica e l'uomo che pretendeva di fare l'alunno era effettivamente uno degli sperimentatori, che recitava la parte dell'alunno e che emetteva le sue risposte ai falsi shock in base ad un copione ben congegnato. Il soggetto reale dell'esperimento era la persona nel ruolo di insegnante, e il problema che realmente veniva studiato riguardava quanto le sollecitazioni, relativamente basse, dello psicologo sarebbero state in grado di far perseverare il soggetto nella somministrazione delle scariche.
I risultati sono ancora più sorprendenti alla luce del fatto che la decisione di ciascun soggetto di proseguire nella somministrazione delle scariche era una decisione ovviamente difficile e dolorosa. Si è osservato che i soggetti "sudavano, tremavano, balbettavano, si morsicavano le labbra, gemevano e si conficcavano le unghie nella carne. Queste erano risposte normali e comuni, non eccezionali nell'esperimento". Per i soggetti che si rifiutarono di continuare, una spiegazione tipica indica le dimensioni del loro conflitto:

<Si sta agitando di là. Mi stanno saltando i nervi. Mi piacerebbe continuare, ma non posso fare questo a un uomo... Mi dispiace, non posso farlo ad un uomo. Potrei fargli male al cuore. Rinuncio alla ricompensa per l'esperimento..., No, davvero, non posso farlo.>

I soggetti sembravano coinvolti in un notevole conflitto emotivo con se stessi quando combattevano con l'ansia implicita nella compiacenza all'autorità. Un osservatore che assisteva all'esperimento attraverso uno specchio unidirezionale ha così commentato:

<Ho osservato un uomo d'affari maturo e inizialmente equilibrato entrare nel laboratorio sorridendo e sicuro. Nel giro di venti minuti era ridotto a uno straccio, tirato e balbettante, come se stesse per raggiungere da un momento all'altro il punto di un collasso nervoso. Si tirava continuamente il lobo dell'orecchio e contorceva le mani. Ad un certo punto si è battuto il pugno sulla fronte e ha mormorato: "Oh Dio, fa che finisca". Eppure ha continuato a rispondere ad ogni parola dello sperimentatore e ha obbedito fino alla fine [Milgram, (1963)]>

Questi conflitti emotivi non sono limitati a situazioni così drammatiche come quella dell'esperimento con la scarica elettrica; anche nell'esperimento apparentemente innocuo del confronto tra linee di cui abbiamo parlato prima, i soggetti erano sottoposti a traumi considerevoli quando si scontravano con il problema che i giudizi degli altri non erano conformi con le loro stesse percezioni.
Che cosa dimostra esattamente questo esperimento? Questo lavoro e gli studi che lo hanno seguito sono stati ampiamente citati come prova di una tendenza umana generale a sottostare all'autorità. Tuttavia, si deve essere molto cauti nel formulare conclusioni così drastiche. Evidentemente, le persone cercano di valutare l'intera configurazione di eventi quando hanno a che fare con la formulazione di decisioni relative al corso di azioni più adatto. In questo particolare esperimento, dietro la calma e suadente voce dello sperimentatore stava l'ineccepibile reputazione della scienza, e così i soggetti potevano equilibrare la loro personale angoscia mentale (e l'apparente angoscia dell'alunno) con la possibile utilità dei risultati sperimentali. Si sarebbero rifiutati di andar oltre nell'esperimento soltanto quando la loro angoscia personale avrebbe superato il valore che attribuivano alla ricerca.

[Nda: In questo esperimento, come in tutti gli altri dove in qualche modo i soggetti vengono ingannati, la seduta sperimentale è seguita da un *incontro chiarificatore*. Qui i soggetti ricevono spiegazioni sull'esatta natura dell'esperimento, vengono informati sulle variabili che sono state studiate e vengono e vengono presentati alla "vittima" che, è di fatto, uno degli sperimentatori. Inoltre, in questo particolare esperimento i soggetti ricevevano, in una data successiva, una descrizione completa dello stesso e venivano sottoposti ad una visita di controllo per vedere se c'erano stati effetti a lungo termine (per una relazione completa, si veda Milgram 1964).
E' una sfortuna che i soggetti debbano talvolta essere ingannati nelle fasi iniziali di esperimenti di questo genere, ma, al momento, nessuno ha scoperto altre maniere per raccogliere le informazioni scientifiche necessarie per formulare teorie sul comportamento umano. Ma l'etica professionale richiede almeno che, dopo questi esperimenti, tutti i soggetti vengano sempre informati in modo corretto. Spesso i soggetti provano la sensazione che l'esperimento sia stato un esperienza utile per loro e ritengono di avere imparato qualche cosa di nuovo sul loro conto.
Nella maggior parte degli esperimenti psicologici non c'è assolutamente alcun inganno, ovvero lo sperimentatore sta veramente indagando quello che afferma di indagare. Talvolta, quando lo sperimentatore cerca di studiare qualcosa di innocuo (come può essere l'udito), si trova magari frustrato perché il soggetto si aspetta il trucco mentre, effettivamente, non c'è nessun inganno. E' probabile che a qualcuno, fra coloro che leggono questo libro, verrà chiesto di prestarsi come soggetto in qualche esperimento psicologico. Se anche per voi sarà così, ad esperimento concluso avete diritto di richiedere una completa spiegazione dell'esperimento e una copia dei risultati finali (anche se questi potrebbero essere disponibili solo dopo un anno). La maggior parte degli esperimenti costituisce un esperienza interessante e il parteciparvi può portare a imparare parecchie cose sul proprio conto.]

Effettivamente, è possibile affermare che i soggetti erano assolutamente nel giusto quando valutavano la situazione e continuavano a somministrare la scarica, anche ai livelli maggiori. Dopo tutto, lo sperimentatore chiedeva loro di continuare, affermando così in maniera implicita che non ci sarebbe stato un danno permanente. E in effetti, sia i soggetti che lo sperimentatore erano nel giusto: dopo tutto questo era realmente un esperimento dove nessuno riceveva una scossa.
Questi risultati non possono avere nulla a che vedere con una qualsiasi naturale o durevole disposizione all'obbedienza, ma rappresentano un immagine piuttosto scoraggiante del modo con il quale le persone valutano e rispondono a insiemi particolari di circostanze. Quello che è maggiormente sorprendente non è che la gente sia disposta ad obbedire, ma piuttosto i giudizi sui valori relativi della situazione, il livello apparentemente alto di valore positivo o di prestigio attribuiti alle istituzioni scientifiche, rispetto al costo personale della sofferenza inflitta a qualcuno. I critici di questo esperimento hanno messo in risalto che gli stessi sperimentatori hanno manifestato un modello comportamentale del tutto simile a quello dei loro soggetti: il fatto che volessero condurre un tale esperimento e imponessero ai loro soggetti tensioni e disagi, così grandi rappresentava una uguale stime del valore della scienza rispetto al disagio dei soggetti.
Anche se ci sono state critiche a questo tipo di esperimenti, bisogna dire che i soggetti che vi furono sottoposti non condivisero questo punto di vista. Dopo tali ricerche, ogni soggetto veniva accuratamente informato e venivano completamente chiariti intenti ed implicazioni della ricerca. Nella maggior parte dei casi, i soggetti hanno ritenuto che l'esperimento fosse stato utile e che il fatto di avervi partecipato personalmente era stato per loro istruttivo. Sembrava che credessero di aver appreso una importante lezione sulla necessità di agire secondo i propri principi e di non seguire così pedissequamente l'autorità (vedi Milgram, 1964).
Ciò nonostante questi esperimenti pongono delle questioni importanti per tutti noi, sia come individui che come membri della società. Milgram ha così riassunto questi problemi:

Con impressionante regolarità si vedevano delle persone rispettabili piegarsi alle richieste delle autorità a compiere azioni che erano violente e dolorose. Uomini che nella vita di tutti i giorni sono responsabili e onesti, erano sedotti dalle apparenze dell'autorità, dal controllo delle loro percezioni, e da una accettazione acritica della definizione della situazione data dallo sperimentatore, fino al punto da compiere degli atti di violenza.
Qual è il limite di una simile obbedienza? A diversi livelli, abbiamo cercato di stabilire dei confini. Sono state inserite delle grida da parte della vittima: non era sufficiente; la vittima gridava di avere dei disturbi cardiaci ma i soggetti continuavano lo stesso a trasmettere le scariche su comando dello sperimentatore. La vittima implorava di essere lasciata libera e che le sue risposte non venissero prese in considerazione più a lungo; nonostante tutto i soggetti continuavano a trasmettere la scarica elettrica. All'inizio non pensavamo che fossero necessarie delle procedure così drastiche per generare la disobbedienza, ed ogni singolo livello venne aggiunto soltanto quando era diventata evidente l'inefficacia delle prime tecniche...
I risultati, visti e prodotti in laboratorio, preoccupano l'autore. Essi fanno ammettere la possibilità che la natura umana, o, con più esattezza, quel tipo di carattere prodotto dalla democrazia americana, non sia in grado di risparmiare ai suoi cittadini trattamenti brutali e inumani che potrebbero essere ordinati da un autorità malevola. La maggior parte della gente fa quello che le viene detto di fare, senza considerare il contenuto delle azioni e senza limiti di coscienza, fin tanto che ritiene che l'ordine discenda da una legittima autorità. Se in questi studi un anonimo sperimentatore è stato in grado, con successo, di comandare a degli adulti di prevaricare su un uomo di cinquant'anni e di fargli violenza con le scosse elettriche dolorose nonostante le sue proteste, uno può soltanto chiedersi cosa il governo, con la sua autorità e prestigio di gran lunga maggiori, possa comandare ai suoi soggetti. [Milgram, 1965]

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